2012, Dopo Mezzanotte, Galleria Artecò, Como
Scocca la mezzanotte. L'oscurità abbraccia con il suo tocco vellutato le nostre vite, invitandoci ad accogliere una nuova Incognita giornata, scrollandoci di dosso la memoria delle ventiquattro ore appena trascorse. Avvolti da questa affascinante atmosfera, dominata dalle tinte del color blu notte, il nostro essere si sfalda assumendo impalpabili forme oniriche. Ecco allora che ci troviamo improvvisamente a meditare sulle nostre aspirazioni, sui nostri fallimenti, cercando a tentoni una linea guida, una luce, un'ancora di salvezza a cui aggrapparci, una speranza.
Non a caso dunque i dipinti presentati in occasione della seconda mostra personale di Alessandro risultano familiari, intimi e particolarmente vicini alla nostra sensibilità. La componente onirica della ricerca del pittore comasco non costituisce un esplicito omaggio al surrealismo, in quanto l'analisi del nostro artista prende piuttosto le mosse dall'osservazione della realtà quotidiana e della psicologia dell'uomo contemporaneo, oggi più che mai mentalmente impegnato nell'estenuante ed estraniante ricerca di paradisi artificiali.
Alessandro cala infatti i protagonisti delle proprie opere all'interno di scenari non ignoti agli occhi dello spettatore occidentale. Osservando attentamente i suoi paesaggi, quasi spettrali e spesso inquietanti, i fruitori più attenti potranno agilmente scorgere alcuni frames di capolavori cinematografici liberamente reinterpretati dall'artista. Tali sfondi sono abitati da silenziosi eroi solitari, immersi in un blu dipinto di blu che appare al contempo sereno e inquietante, distensivo e opprimente. Volti e fattezze ben cari all'autore vengono eletti quali simboli dell'umanità contemporanea, ignari interpreti del teatro dell'assurdo scaraventati su di un palcoscenico calcato quotidianamente da tutti noi, un territorio assuefatto e saturo della nostra presenza.
L'inquietudine è palpabile nelle opere di Alessandro, quasi fosse una sottile e umida coltre di nebbia che si insinua nelle nostre articolazioni. Tale sensazione viene enfatizzata dall'acuta deformazione ottica e prospettica con cui l'artista imbastardisce l'oggettività della visione, da lui incanalata fluidamente entro marcate linee di forza di munchiana memoria. Tramite questa operazione di riduzione e astrazione il pittore comasco non intende tuttavia controllare o (peggio) dominare la realtà, che spesso anzi nelle sue opere si ribella fuggendo ogni tentativo di razionalizzazione umana, esplodendo in un rigoglioso crescendo vegetale e floreale in netto contrasto con il silenzio iperreale degli scenari dell'autore: luna park spenti, città deserte e angusti vagoni del treno all'interno dei quali assorti pendolari indugiano su paesaggi allucinati in repentino e continuo mutamento.
Le opere di Alessandro Filardo devono dunque indurci a cercare dentro noi stessi la medesima luce verso cui si rivolgono i suoi effigiati, sia essa quella crepuscolare che inaugura l'inizio di una nuova giornata e il risveglio delle nostre speranze, oppure chissà, quella morbida e lasciva che potrebbe accendere il prossimo tramonto...
Fiordalice Sette